Dal 18 al 21 marzo del 1980, a Livorno, si celebra il Congresso Costitutivo della Filt-Cgil
La Filt nasce al cinema Odeon uno dei più grandi cinema d’Italia con i suoi 2.500 posti a sedere. Era ubicato nel centro storico di Livorno. Il Congresso Costitutivo è preceduto da circa 800 assemblee pre-congressuali nei luoghi di lavoro, da 150 congressi comprensoriali e da 15 congressi regionali.
Si fondono le 6 Federazioni di categoria dei trasporti: il Sindacato Ferrovieri Italiano, la Federazione Italiana Autoferrotranvieri ed Internavigatori, la Federazione Italiana Facchini Trasportatori ed Ausiliari, la Federazione Italiana Lavoratori del Mare, la Federazione Italiana Lavoratori dei Porti e la Federazione Italiana Personale Aviazione Civile.
Alle spalle del congresso di Livorno vi è stata, nell’aprile del 1973, la costituzione della Fist: Federazione Italiana Sindacati Trasporti, da cui emerge la consapevolezza di dover raggiungere una “unità organica” perché le singole categorie del trasporto pur realizzando piccole o grandi lotte, anche generose e di prospettiva, sono sicuramente forti nel loro ambito, ma uscite da quello, rimangono isolate.
La volontà di costituire la Filt fu una scelta coraggiosa e lungimirante e fu un’operazione di controtendenza.
Lucio De Carlini, primo Segretario Generale della Filt, lancia l’ambizioso progetto della nuova Federazione dei trasporti, non ancorata a spirito o storie corporative, ma rappresentante di un’idea di aggregazione e valorizzazione delle singole figure professionali dei nostri settori.
Tutto questo si evince già dalla sua relazione al Congresso Costitutivo.
“Il “perché” di fondo della Filt risiede in una elementare considerazione: proprio perché vogliamo una politica unitaria, integrata e complessiva dei trasporti, proprio perché lottiamo per sedi e strumenti decisionali unificanti che programmino lo sviluppo dei trasporti — e lo chiediamo a livello di governo, regioni, comuni, comprensori — si rende necessario dal lato del lavoro un protagonista sindacale unico, tale che per la forza della sua rappresentatività batta e impedisca quel gioco padronale e governativo a dividere e isolare comparto da comparto, problema da problema nel settore dei trasporti. La dignità politica per chiedere ciò che da anni chiediamo, e cioè unità e integrazione dei trasporti in termini di investimenti, capacità di progettazione del nuovo, intermodalità dell’offerta, fine dello spreco di concorrenzialità tra diversi mezzi di trasporto, ebbene tale dignità e forza politiche della nostra domanda di unità nello sviluppo del trasporto chiedono uno strumento sociale dei lavoratori unificatore di programmi, volontà, strutture. Questo protagonista, questo strumento, è la Filt, così come la sapremo costruire”.
Questo sosteneva De Carlini, in maniera, più che attuale, ponendo 5 questioni fondamentali:
- scelta consapevole della programmazione a tutti i livelli come terreno su cui misurare obiettivi, compatibilità, risultati delle lotte sindacali. Il piano di ogni settore deve essere un quadro di riferimento;
- produttività come misura del risanamento aziendale e generale del sistema economico, legata a parametri di contrattazione per investimenti nuovi, maggiore occupazione, tendenziale diminuzione dell’orario di lavoro, serio risanamento delle aziende in crisi;
- una politica salariale che lavori anche sui nodi da sciogliere tra grado di rischio e pesantezza di alcune lavorazioni e responsabilità;
- democrazia sindacale e riforma del sindacato. “Rinnovarsi e dare fiducia ai giovani dal luogo di lavoro al cosiddetto vertice, vivere più continuativamente l’esperienza dei Consigli d’azienda per non predicare genericamente sulla loro crisi; misurarsi sui problemi immediati partendo dall’opinione dei lavoratori e non da prefigurazioni astratte di linea; riprendere il gusto dell’organizzazione, del tesseramento, del collegamento diretto”, per citare un altro pezzo di relazione. Ma riforma anche nel modo di stare tra compagni e tra compagne, nello sfondo di un settore pensato (e spesso agito) da uomini per uomini, in cui la “questione femminile” già andava delineandosi nettamente;
- le forme di lotta. Già negli anni della nascita della Filt, le analisi e le teorizzazioni sulle forme di rivendicazione tenevano banco. Già allora le proteste, spesso, venivano mal digerite e rappresentate come corporative e soprattutto, danneggiante solo ed esclusivamente i fruitori dei servizi e quindi i cittadini e le cittadine. La necessità di darsi e accettare regole precise. Si inizia già da allora a ragionare sull’autoregolamentazione, finchè si arriverà poi alla legge 146 del 1992 e le successive modifiche