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Roma 13 novembre - A partire dalla vicenda dell’irruzione nella sede romana di Confetra da parte di alcuni esponenti del collettivo Militant il settimanale Corriere dei Trasporti, intervista la segretaria nazionale della Filt Cgil Giulia Guida. “Erano presenti i rappresentanti del mio dipartimento. Ho comunque seguito la vicenda in diretta perchè mentre tutto accadeva ero al telefono con i miei. E’ stata una cosa bruttissima sebbene sia durata pochi minuti. Sono entrati dentro con tecniche da guerriglia, strillando e con volantini contro le associazioni datoriali e gli accordi confederali di categoria, dicendo 'siamo noi quelli che rappresentiamo il mondo della logistica', riempiendo le stanze di spazzatura”.

Non è strano che certe cose accadano all’interno del mondo della logistica? Un tempo non era terreno fertile per certi tipi di protesta
Non sono assolutamente tipiche, ma in questo mondo, ormai da un anno, è esplosa questa azione di violenza sui luoghi di lavoro, che sono molto particolari, con una forte presenza di Cobas e centri sociali.

Si riferisce in particolar modo ai corrieri?
Corrieri, si, ma possiamo allargare il campo a tutto il mondo del facchinaggio, a tutti quelli che si trovano nelle stazioni di stoccaggio o comunque coinvolti in attività legate al magazzino. Questi sono i luoghi dove le grandi committenze hanno terziarizzato completamente le attività e dove, quindi, vengono gestite in appalto dalle cooperative. Queste cooperative, mediamente da dieci anni, hanno reclutato per lo più dipendenti immigrati. Il problema non è certo lo straniero, ma il più delle volte si tratta di etnie complete, per esempio in Veneto i marocchini e in altro zone altre etnie. Si tratta per lo più di popolazioni nordafricane. Accade che un Imam nel loro territorio di origine li preleva e li porta in Italia, garantendogli una casa e un lavoro seppur in condizioni precarie. Spesso questi lavoratori sono costretti a turni massacranti con molte più ore di quelle previste dal loro contratto, se ce l’hanno. E’ in questo contesto che si è acceso un grosso focolaio e, nell’ultimo anno, si è trasformato in una contrapposizione con noi, perché i nostri rappresentanti territoriali hanno tentato di far emergere le condizioni di precarietà e i Cobas sono subentrati mettendo in discussione gli accordi fatti dalle nostre rappresentanze a questo proposito.

Di preciso, in cosa dissentono rispetto alla vostra linea politica riguardo al contratto?
Sulle questioni alzate riguardo al contratto c’è un errore di fondo. Loro parlano di totale peggioramento delle condizioni lavorative, ma in realtà le stesse associazioni di cooperative non hanno aderito al contratto.
E qui veniamo alla grossa spaccatura che si è creata su tutti i fronti del tavolo di contrattazione.
Tre blocchi non hanno firmato: gli artigiani, Assologistica e le cooperative. Ognuno dei tre ha uno specifico motivo per non farlo. Assologistica non ha firmato perché avrebbe voluto, attraverso il contratto, abolire la responsabilità solidale, anche se al suo interno c’è una forte contrapposione dato che alcuni loro iscritti vi hanno comunque aderito. Le cooperative vorrebbero tramite il rinnovo del contratto proseguire nella non applicazione totale degli istituti contrattuali, cosa su ci siamo fortemente contrapposti. Gli artigiani, invece, dicono di non poter sostenere l’aumento annuale di 108 euro e chiedono delle deroghe al contratto collettivo nazionale. Sono tutte questioni forti ed è per tale ragioni che ci troviamo in questa fase di stallo, in cui tutta la committenza dell’autotrasporto ha firmato, escluse queste tre categorie. Stiamo comunque avendo degli incontri con loro.

E’ vero che sul piatto ci sono questioni delicate, ma è anche vero che in qualche modo, chi si è chiamato fuori dalla contrattazione, sta cercando di costruire una terza via. Che opinione hanno Cgil, Cisl e Uil del “sotto tavolo” imbastito dalla committenza che non ci sta e dai sindacati di base?
La nostra posizione è di continuare nella nostra azione politica, sindacale e contrattuale che ci ha contraddistinti in questi anni. Anche perché quel mondo, mi riferisco in particolare a quello delle cooperative, va rappresentato nel pieno rispetto delle regole, nella piena trasparenza degli appalti e soprattutto mettendo al centro il tema della legalità, perché la triste verità è che molto spesso questi mondi sono sottoboschi dove si insidiano situazioni che io definisco perverse, viziose e viziate. Il contratto è l’unico strumento che oggi possa garantire migliori condizioni di lavoro e il rispetto e la tutela delle retribuzioni e delle norme a garanzia dei lavoratori. Non c’è sicuramente, da parte delle committenze, la volontà di stipulare un contratto diverso, però, sempre in riferimento al mondo delle cooperative, in molti territori i Cobas hanno bloccato il lavoro anche in maniera violenta, minacciando di non far proseguire il contratto di appalto. Alcuni nostri delegati, durante la trattativa per il contratto con Dhl a Milano, sono stati picchiati e sono state alzate le mani persino su delle nostre iscritte che tentavano di entrare al lavoro. Di fronte a questo ricatto le aziende si siedono a contrattare con i Cobas.

Una parte del mondo artigiano ha comunque aperto a questo tipo di trattativa. Se mai dovesse concretizzarsi, le vostre sigle sindacali avrebbero il modo di inserirsi, magari aprendo ad alcune delle richieste che la committenza artigiana ha avanzato come la suddivisione della tredicesima nel corso dei 12 mesi?
Noi, ovviamente abbiamo un ruolo, che è quello della mediazione che ci impone di trovare tutte le soluzioni possibili. E’ anche vero che ci troviamo in una fase diversa che non è quella della trattativa. Il contratto è stato chiuso il primo di agosto, a settembre si sono svolte le assemblee di base nei luoghi di lavoro, per cui la bozza di piattaforma è diventata contratto dato che è stato votato dal 93% di tutti i lavoratori. Sappiamo benissimo che quelle degli artigiani e delle cooperative sono associazioni che hanno, per loro natura, una propria peculiarità e specificità e si sta appunto provando ad instaurare una mediazione per arrivare a formalizzare una firma del contratto, sapendo che quello è e non si può derogare, ma sul quale si potrà continuare a dialogare su materie specifiche come quelle da lei citate.

Nel momento in cui questa firma non dovesse arrivare, questo tavolo ha fallito e il contratto va rivisto completamente?
Assolutamente no. I contratti sono sacrosanti e non falliscono. I contratti si fanno con le associazioni che decidono di sedersi a dialogare. E’ chiaro che anche noi avremo i nostri strumenti che sono quelli della vertenza. Voglio inoltre ricordare che questo è un contratto che da sempre è stato firmato dagli artigiani e ci sono regole ben precise riguardo agli appalti. Noi abbiamo una normativa contrattuale che prevede che i cambi di appalto vengano attuati solo ed esclusivamente da parte delle committenze con tutte le aziende della filiera che rispettano il contratto, per cui è un problema politico più loro che nostro arrivati a questo punto, perché anche il mondo delle cooperative che lavora con quello della committenza, per stare in quella filiera dovrà rispettare questo contratto. Confidiamo quindi nel senso di responsabilità di queste categorie, così come di quelle dell’autotrasporto. Tutte le categorie dell’autotrasporto hanno firmato il nostro contratto.

Proprio riguardo all’autotrasporto, una delle prime associazioni a firmare l’attuale contratto e a promuoverlo è stata proprio Conftrasporto. Come ha reagito all’apertura di una sede romena di Unitai (che di Conftrasporto fa parte) per procacciare lavoratori esteri e risparmiare circa 10.000 euro per ogni dipendente?
Purtroppo tocca un tasto davvero dolente. Uno dei mali dell’autotrasporto italiano è il completo abuso della normativa europea sui lavoratori transfrontalieri. Molte aziende, anche grosse, usufruiscono di queste agenzie interinali rumene, polacche, ecc che ormai detengono quote di traffico in Italia. Ci sono grandi aziende dell’autotrasporto italiano, che fanno parte delle più grandi associazioni datoriali che mantengono le quote di mercato grazie all’utilizzo di questi lavoratori e hanno una quantità di mezzi a cui non corrisponde lo stesso numero di dipendenti. Senza parlare del fatto che questi trasportatori si ritrovano buste paga, con queste formalità del distacco, di 300 euro mensili. Probabilmente ci vorrebbero più controlli sulle strade, è lì che c’è bisogno di un potenziamento. Anche perché, legalmente parlando, il distacco esiste, è una normativa europea che è stata recepita anche in Italia, bisognerebbe però capire come viene attuata. Si può fare, ma i livelli retributivi devono essere quelli del Paese in cui il lavoratore opera. La questione di Unitai è gravissima. Le associazioni datoriali che hanno chiesto sacrifici durante l’affronto di tematiche forti sul contratto, dovrebbero assumere una posizione realmente corretta sul mercato, anche perché rappresentano il 90% dell’attività economica del settore e non è possibile che trovino degli escamotage per bypassare le regole del mercato che, continuando così, si deprimerà sempre di più. Si tratta di un grande problema sul quale dovrebbe intervenire la politica stessa per impedire che le associazioni datoriali possano adottare scelte del genere, ma soprattutto devastare quelle che sono realmente le regole, aggirandole.